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Enciclopedia

HPV-Test

CHE COS’È

Oggi, insieme al Pap-test, rappresenta l’esame di riferimento per la diagnosi precoce del tumore del collo dell’utero. Consiste nel prelievo di una piccola quantità di cellule dal collo dell’utero che vengono analizzate in laboratorio mediante tecniche di biologia molecolare per verificare la presenza dello Human Papilloma Virus (HPV): una comune infezione virale che viene trasmessa in prevalenza per via sessuale.

 

Nella gran parte dei casi il virus viene eliminato spontaneamente dal sistema immunitario, tuttavia, se l’infezione persiste, negli anni può determinare le alterazioni pre-cancerose da cui può avere origine il cancro al collo dell’utero. Il test HPV, individuando la presenza o meno del virus – e di quali tipi specifici- rappresenta quindi uno strumento molto efficace per rilevare infezioni potenzialmente dannose e monitorarle nel tempo.

 

L’HPV-test è un esame a cui dovrebbero sottoporsi tutte le donne dopo i 30 anni, una volta ogni 1-5 anni (l’intervallo dipende dai singoli casi, la donna deve seguire le indicazioni del proprio ginecologo) e consente l’individuazione delle situazioni a rischio, permettendo al medico o di allungare gli intervalli del Pap test o di eseguire controlli più ravvicinati.

 

È opportuno ricordare che il cancro al collo dell’utero è una neoplasia che viene sempre preceduta da alterazioni pre-cancerose che, se individuate ed eliminate, consentono la prevenzione dello sviluppo del tumore. Per il test HPV non è necessario alcuna preparazione particolare.

 

 

COME VIENE SVOLTO?

Per prevenire l’insorgenza del carcinoma del collo dell’utero si sta ormai imponendo a livello mondiale l’abbinamento del tradizionale test di Papanicolau (Pap-test) con la ricerca del papillomavirus. La disponibilità di test di laboratorio per identificare e tipizzare il virus è una realtà ormai consolidata.

 

Tale indagine ha l’obiettivo di trovare il genoma virale, ricorrendo a metodiche di biologia molecolare (Polymerase Chain Reaction, PCR, o Hybrid Capture type 2, HC2), nelle cellule genitali femminili, prelevate mediante uno spazzolino dal collo dell’utero con le medesime modalità con cui si attua il Pap-test.

 

Si procede, dunque, a immergere il campione in un liquido, per poi essere trasportarlo al laboratorio dove verrà analizzato. In particolare, il test HC2 identifica chi è positivo o negativo per uno o più dei tipi virali ad alto rischio oncogeno. Studi più recenti hanno dimostrato che l’assenza di DNA virale equivale a stabilire con certezza che non esistono lesioni precancerose e cancerose cervicali (CIN III: carcinoma invasivo).

 

La contemporanea negatività dell’HC2 e del Pap-test consente dunque d’identificare le pazienti a basso rischio che non presentano lesioni attuali e che non ne svilupperanno nell’immediato futuro. Di contro, un test positivo all’HPV non vuol dire necessariamente che una donna svilupperà un cancro della cervice uterina, ma fornisce informazioni supplementari riguardo ai potenziali rischi, e permette al medico di eseguire controlli più ravvicinati.

 

Sarà così possibile individuare in anticipo qualsiasi segno della malattia e procedere a un trattamento efficace. In un’indagine del Gisci (il Gruppo italiano screening del cervicocarcinoma), l’associazione “Pap-test &HC2” ha consentito d’identificare il 40% in più di CIN II-III sfuggiti al solo test di Papanicolau. Dunque, l’unione fa la forza. Ma non soltanto: con il “test di genotipizzazione virale” è possibile ulteriormente centrare il cammino diagnostico.

 

Diverse ricerche hanno infatti dimostrato che all’interno del gruppo di donne “HC2 positive”, quelle portatrici del ceppo genetico 16 e/o 18 corrono un rischio maggiore delle restanti donne sempre “HC2 positive” di sviluppare una lesione CIN III e un carcinoma invasivo.

 

Così, per esempio, nelle pazienti con un Pap-test negativo ma positive all’HC2, la genotipizzazione può rivelarsi efficace per rinviare a un controllo più ravvicinato (6 mesi) le donne con i tipi 16 e/o 18; se il successivo controllo confermerà la persistenza dello stesso tipo virale viene indicata la colposcopia. Sottoporsi all’HPV test vuol dire identificare una cruciale causa che determina lesioni benigne e maligne, “causa” che si acquisisce sessualmente, in modo prioritario. È opportuno ribadire che il verdetto positivo (affermativo) da parte di tale test non vuol dire “avere un tumore”: significa che l’aggressività di questo ospite può determinare negli anni dapprima una lesione benigna e solo successivamente una metamorfosi maligna.

 

La combinazione dei due esami, Pap test e HPV-test, rappresenta il controllo più efficace per individuare a uno stadio iniziale i segni di un cancro del collo dell’utero nelle donne sopra i 30 anni.

 

Il prelievo del campione cellulare dal collo dell’utero si deve eseguire almeno 5 giorni prima delle mestruazioni o almeno 5 giorni dopo la loro fine. Inoltre, è necessario che siano trascorsi almeno 2 giorni dall’ultimo rapporto sessuale e almeno 5 da un’eventuale visita ginecologica o dall’utilizzo di irrigatori vaginali, ovuli o candelette.